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Mostra Dal 26 giugno al 2 luglio 2017 dalle ore 10:00/13:00 e dalle 17:00/20:00 presso la Sala Anselmi in via Saffi, Viterbo
Un bastimento carico di visioni>

Dall’imput Pack and go abbiamo tradotto due tematiche: il bagaglio e il viaggio. Cercando di immaginare un contenitore per le opere e le indagini frutto nel nostro lavoro, abbiamo pensato ad una nave, simbolo per eccellenza del viaggio verso l’ignoto e l’altrove.
Il progetto prevede ricerche che, partendo dalle tematiche, si svilupperanno in direzioni diverse nel tentativo di analizzare e mettere in campo le diverse reazioni, intime e personali, dei soggetti coinvolti. Proiezioni e variazioni sulle nozioni di “bagaglio” e “viaggio” pensate e rappresentate con forme e pensieri espressi con gli strumenti dell’arte. Questa è un’idea possibile per il nostro progetto di mostra.
Possiamo ora provare ad immaginare un ambiente che riproduce per accenni la struttura interna di una nave, bastimento, vascello, veliero? Avremo delle vele, un pennone, cordami, bauli, valigie ed altri bagagli, un ponte, ambienti di transito, salotti, panchine, tendaggi e altri elementi di arredo. In questo ambiente andremo ad inserire le nostre opere, il frutto del nostro lavoro, qualcosa che possiamo chiamare Arte.
Arte come espressone di se.
Arte come racconto.
Arte come forma di resistenza.
Arte come sogno.
Arte come finzione.

Arte come strumento di indagine e di conoscenza, di se stessi e del mondo. Costruire il presente e progettare il futuro sono i motori e il senso dell’arte, da sempre. Tra le tende degli arredi troveremo le nostre visioni, le nostre finestre sul mondo. la nostra presenza attiva su questa nave o forse meglio, astronave.
In rotta , fuori rotta, tra interno ed esterno, rischiando approdi, avanguardia in avanscoperta alla ricerca di nuovi mondi, flusso che scorre tra presente e futuro, un viaggio è sempre verso la fine del tempo.

Un clandestino è a bordo, è fuori o dentro ognuno di noi?
Se esiste un altrove, qui, ora, dove siamo?
Se questa è un’ipotesi per un presente plausibile, un futuro è progettabile?

Queste e tante altre domande scaturiscono dal tema, Pack and go è un invito alla ricognizione: viaggio, ricerca, fuga, identità ,memoria, ma è anche un invito all’analisi: costruzione, artificio, fatalità, intimità, emergenza, bisogno.

Una mostra ha sempre bisogno di un movente, un argomento forte da affrontare, per noi si tratta di presentare i risultati del nostro lavoro, delle ricerche e dei pensieri di un anno accademico vissuto insieme. Abbiamo l’opportunità per raccontare il nostro viaggio e mostrare il nostro bagaglio-opera, prodigio, straordinario miracolo dell’arte. Tra i veli della storia e le polveri della memoria troviamo il mito del viaggio e della visione mitica di una nave, da Ulisse a Odissea nello spazio, dall’arca salvifica di Noè al Titanic… Ora a bordo ci siamo noi. Questo è il nostro presente, la nostra piccola porzione di storia e di tempo.
Fuori c’è il mare, la furia e la concordia degli elementi, la mostruosità e la grazia degli umani,
il canto delle balene, il vento e il richiamo dei gabbiani e lontano il rumore delle città, il fermento delle varie attività umane, il tempo, lo spazio, il rumore dei passi di una folla, l’odore acre di una guerra…

Tutto si può fare se si pensa ad un lavoro inclusivo, come in un’orchestra.
Interdisciplinarietà e multidisciplinarietà saranno il vero esercizio che andremo a fare nell’allestire questa mostra. Un ambiente multimediale e multisensoriale, qualcosa che vuole andare oltre il concetto tradizionale di mostra. Partiamo dallo spazio, con le sue caratteristiche e le sue particolarità e andremo a viverlo ed abitarlo con le nostre cose trasformandolo. Creeremo la nostra scena, il nostro habitat, la nostra dimora percorribile e visitabile. Un androne magico, la nostra pancia della balena, un luogo privilegiato da dove meditare sulle cose del mondo, interiore ed esteriore, simultaneo comunque. Un nido, un guscio di noce per galleggiare nella nostra stanza-mare spinti dal vento dell’immaginazione che è il cuore del nostro mestiere. Si tratta di imparare a lavorare insieme, fare rete, confrontarsi e collaborare. Fa bene al lavoro e potrebbe essere il vero obbiettivo di una scuola che si pone come luogo di ricerca nell’ambito dell’estetica e dell’etica del contemporaneo